Il 24 febbraio scorso è arrivata in serata, imponente ed improvvisa; ha avvolto la città in un manto gelido e misterioso.
Oggi, la caligo (è femmina ma qualcuno continua a chiamarla “il caligo”, d’altronde nessuno direbbe “il caliggine”) è comparsa nel bel mezzo del pomeriggio, verso le 15, e l’azione solare ne ha mitigato l’intensità e l’espansione, relegandola alla costa ed alle prime case del fronte mare.
La sua presenza è durata un’oretta poi, come è apparsa è svanita.
A livello globale, l’ottobre del 2020 è il terzo mese di ottobre più caldo mai registrato, ma con poca differenza rispetto al quarto, quinto e sesto mese di ottobre più caldi. I sei mesi di ottobre più caldi di sempre si sono verificati negli ultimi sei anni. Lo rende noto Copernicus, il programma di osservazione della terra dell’Unione europea.
Nel mese di ottobre 2020, la banchisa del Polo Nord ha registrato la propria estensione minore a ottobre da quando sono iniziate le osservazioni satellitari nel 1979. L’ottobre 2020 è stato anche il quarto mese consecutivo senza ghiaccio o quasi lungo la Rotta del Mare del Nord. Lo rende noto Copernicus, il servizio di osservazione della Terra della Ue.
Uno studio pubblicato sulla rivista Nature da un lato conferma un dubbio più volte espresso da scienziati e scienziate in questi mesi di crisi pandemica, dall’altro mostra l’unica strada da seguire per contrastare il cambiamento climatico. In breve, l’improvvisa riduzione delle emissioni di gas-serra e il crollo degli inquinanti atmosferici durante il blocco ha avuto, purtroppo, un impatto del tutto trascurabile sul contenimento dell’aumento della temperatura globale. Ma lo studio insiste invece sulla importanza delle scelte politiche che verranno fatte nei prossimi mesi. A dirlo è un team internazionale a cui capo è il climatologo Piers Forster della Università di Leeds, Gran Bretagna.
In alcune aree del pianeta le ondate di calore e umidità si stanno succedendo a un ritmo doppio rispetto a 40 anni fa e l’intensità del caldo è in aumento. A stabilirlo è una nuova ricerca che ha analizzato i dati di oltre 7000 stazioni meteorologiche di tutto il mondo a partire dal 1979
Nel corso delle centinaia di migliaia di anni della loro esistenza sul pianeta, gli esseri umani moderni sono riusciti ad adattarsi a una vasta gamma di climi, dal caldo arido del deserto del Sahara al freddo gelido dell’Artide. Ma abbiamo i nostri limiti. Se le temperature e l’umidità salgono abbastanza, anche una persona sana e robusta, seduta all’ombra e con accesso all’acqua, soccombe al calore.
Le ricerche ha suggerito che, via via che le ondate di caldo diventeranno più intense e frequenti, nei prossimi decenni in alcuni luoghi inizieranno a verificarsi eventi che toccano quel limite di tolleranza umana. Ma ora un nuovo studio mostra che lo hanno già raggiunto. I risultati, pubblicati su “Science Advances”, sottolineano la necessità di ridurre rapidamente le emissioni di gas serra che intrappolano il calore e di sviluppare politiche che aiutino le popolazioni vulnerabili a rimanere protette.
Le alte temperature spingono il corpo umano a produrre sudore, che raffredda la pelle mentre evapora. Ma quando c’è anche un’elevata umidità, l’evaporazione rallenta e alla fine si arresta. Si arriva a questo punto quando la cosiddetta temperatura di bulbo umido, una misura che combina la temperatura dell’aria e l’umidità, raggiunge i 35 gradi centigradi.
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